lunedì 29 settembre 2014

Tagliatelle di borragine

La borragine, che cresce spontanea nella campagna ligure, ci dà la possibilità di gustare queste tagliatelle ("taiaen de buraxe") che costituiscono uno dei piatti tipici della Riviera di Ponente.



Ingredienti per 6 persone:

400 g di farina
60 g di borragine
3 uova
sale

Esecuzione:

Sbollentare in poca acqua salata la borragine privata dei gambi, scolarla, passarla sotto l'acqua ghiacciata in modo che mantenga il colore, strizzarla bene e sminuzzarla nel mixer (se avete difficoltà potete frullarla con le uova e il sale).
Impastare la farina con le uova, il sale, la borragine. 
Lavorare con forza sino a quando si ottiene un impasto elastico ed omogeneo. Ricoprire la pasta di pellicola e farla riposare 30' affinché perda elasticità. Suddividere la pasta in 2 o 3 parti, appiattirle con il mattarello in modo che assumano una forma regolare e passarle nella sfogliatrice a partire dal primo foro (in cui la farete passare 2 o 3 volte) sino al penultimo.

Lasciarla asciugare all'aria per qualche minuto girandola anche una volta in moda da arieggiare la superficie che appoggia sulla spianatoia e passarla nella trafila per tagliatelle. In alternativa stenderla con il mattarello, farla asciugare, arrotolare i due lembi verso il centro e alla fine sovrapporli e tagliare le tagliatelle con una coltella a lama liscia. Srotolare le tagliatelle e lessarle o comporre dei nidi e farle essiccare bene all'aria su un canovaccio cosparso di farina o su vassoi di cartone.
Condire con ragù o salsa di noci e qualche gheriglio intero. Per decorare potete utilizzare qualche fiore di borragine (sono commestibili). Un'alternativa interessante è la crema di pinoli (tostati), ricotta, olio, sale e maggiorana (come in foto).

Le tagliatelle verdi possono essere fatte anche con meno uova ed in particolare con 1 uovo ogni 300 g di farina come indicato in "La vera cuciniera genovese", uno dei libri di riferimento per la cucina tradizionale del capoluogo ligure.  Come ho già avuto occasione di dire infatti la sfoglia genovese  è più povera di uova rispetto alla classica romagnola o a quella del Ponente stesso: a Genova gli animali da cortile non erano così diffusi e qualche economia sulle uova era più che giustificata.
Se usate meno uova dovete però riequilibrare l'impasto aggiungendo acqua tiepida per facilitare l'idratazione degli amidi.
In generale comunque quando si aggiungono alla pasta ingredienti che contengono liquidi (in questo caso verdure a foglia verde) conviene diminuire le uova di una quantità equivalente (in questo caso 60 g cioè il peso medio di un uovo) per evitare che la pasta sia troppo umida.
Se l'impasto risultasse troppo sodo si può aggiungere un pò d'albume.





mercoledì 24 settembre 2014

Trofie con farina di ceci, tonno fresco e pomodorini

Un pò di storia sulla pasta ligure ed in particolare su quella genovese. Mi affido a quanto è scritto sul sito di Taccuini Storici (www.taccuinistorici.it) sempre molto affidabile:

"La Liguria è la patria delle paste essiccate: la produzione locale è attestata già nel 1244. 
Fu a Genova che nel 1574 si costituì la prima Corporazione dei Pastai con un proprio statuto (Capitoli dell’arte dei Fidelari). 
Nella città dorica si aprì nel 1740 la prima fabbrica di “pasta fine”, mentre nel 1794 iniziò ad operare il più antico pastificio italiano, con metodi di produzione quasi del tutto simili a quelli odierni. 
La supremazia della Liguria durò per tutto l’Ottocento, ma ancora fino alla metà del secolo scorso era comune parlare di “pasta all’uso di Genova”. 
Nella pasta secca spiccano: “fidelini” (spaghetti sottilissimi), “bavette” (spaghetti schiacciati), e “trenette” (pasta lunga a sezione quadrata). 
Nella pasta fresca ricordiamo: i “bottolli” (grossi taglierini di farina di castagne), “bricchetti” (bastoncini grossi e corti adatti per minestroni), “corzetti” (dischetti realizzati in passato da ogni famiglia con un proprio stampo, e legati probabilmente alla moneta della repubblica genovese), “ravioli” (forma quadrata), “taglierini” (lunghi a sezione quadrata), “trofie” o troffie (gnocchetti lunghi dalla forma affusolata, uno dei formati più significativi della tradizione). 
Condimenti privilegiati dell’area sono il “pesto” e il corposo ragù genovese, “u toccu” a base di carne di vitello e cervella." 


E ora parliamo di trofie. Le classiche si fanno con farina 0, acqua tiepida q.b., un pizzico di sale e si condiscono con il pesto. Tutti ormai le conoscono.
Scopriamo allora qualche variazione interessante. 


venerdì 19 settembre 2014

Risotto con salsiccette all'uva

Quando arriva l'autunno mi piace riportare in tavola zuppe e risotti abbinati con la frutta e la verdura che questa stagione ci offre. L'uva, con il suo timbro dolce e allo stesso tempo acidulo, si abbina magnificamente con la carne di maiale ed in particolare con salsicce e filetto.
Ecco una ricetta semplice da accompagnare ad un risotto al parmigiano servito in modo tradizionale o in forma.


Ingredienti per 4 persone:

salsiccia (circa 1 m)
un grappolo di uva bianca e uno di uva nera o rosata (circa 400 g)
200 ml vino bianco secco
1 cucchiaino di maizena (amido di mais)
olio extravergine
sale e pepe

Esecuzione:

Preparate le salsiccette in questo modo: con lo spago da cucina fate un nodo all'estremità della salsiccia stringendolo bene (chiudete il più possibile la salsiccia ma attenzione a non spezzarla), tagliate lo spago e poi fate un altro nodo dopo circa 6 cm e procedete in questo modo sino all'altra estremità in modo da suddividere la salsiccia in piccole salsiccette, punzecchiatele con uno stuzzicadenti.

In una casseruola versate un filo d'olio e, una volta caldo, unite la fila di salsiccette. Cuocete qualche minuto finché non saranno ben rosolate e deglassate con il vino bianco in cui avrete sciolto la maizena. Aggiungete gli acini d'uva sgranati, divisi a metà e privati dei semi. Salate e pepate. Se il liquido dovesse asciugarsi troppo aggiungete qualche cucchiaio di acqua o brodo. Cuocete qualche minuto, separate le salsiccette eliminando lo spago e servitele in accompagnamento al risotto.





mercoledì 17 settembre 2014

Bocconcini di pane alle cipolle e vino con lardo di Arnad

Ho sperimentato questa ricetta di Luca Montersino e mi è sembrata molto piacevole soprattutto per un buffet rustico. Mi sembra eccessiva però la dose di pepe almeno per il mio palato e la prossima volta mi accontenterò di una semplice macinata.
Tenete conto che il giorno prima dovete preparare una biga con 70 g di farina 0 forte, 50 g d'acqua, 1 g di lievito di birra. Impastatelo per qualche minuto, copritelo con la pellicola e fatelo lievitare a circa 18° per 12-15 ore. Potreste fare anche un impasto diretto (senza biga) ma il pane risulta meno profumato. 
Non avendo a disposizione un forno a microonde non ho seguito il procedimento per pastorizzare la cipolla ma l'ho semplicemente brasata con un filo d'olio, il vino e il sale.

mercoledì 10 settembre 2014

I Grissini stirati

Ecco la classica ricetta dei grissini.

Ingredienti:

500 g di farina debole
250 g d’acqua
15 g lievito di birra
50 g olio extra vergine
8 g di sale
8 g malto

Esecuzione:

Impastare tutti gli ingredienti facendo attenzione a non porre il sale a contatto del lievito. Usare acqua gelata e farina fredda per aumentare la friabilità. Lasciare lievitare per circa 30’ coperti. Stendere la pasta, tagliare delle strisce, stirarle e porle su una placca da forno. Cuocere per circa 10’a 170°C.
Potete fare anche grissini colorati aggiungendo all'impasto curcuma, cacao amaro, succo di barbabietola ed altri coloranti naturali.

mercoledì 3 settembre 2014

Il bonèt

Il bonèt è un budino di antichissima tradizione, tipico del Piemonte, a base di uova, zucchero, latte, liquore (solitamente rum) e amaretti secchi. Può presentarsi con o senza cioccolato o cacao. L'etimologia del nome è incerta e si sono avvicendate versioni molto diverse. In lingua piemontese il termine bonèt indica un cappello, o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo a tronco di cono basso in cui viene cotto il budino.

Di fatto lo stampo di rame in cui si cuocevano i budini e i flan, veniva chiamato bonèt ëd cusina cioè cappello da cucina, berretto del cuoco. Il dolce avrebbe quindi preso il nome dallo stampo. Questa è l'interpretazione che viene data dal vocabolario Piemontese/Italiano di Vittorio di Sant'Albino del 1859.

Un'altra interpretazione diffusa nelle Langhe, una delle zone di origine, ritiene che il nome richiamasse il cappello perché il dolce veniva servito alla fine del pasto così come il cappello è l’ ultimo indumento ad essere indossato prima di uscire.
La ricetta che trovate di seguito si ispira a quella del Manuale di Pasticceria Italiana di Scolari e Busnelli, un vero classico per chi si diletta di pasticceria.



Ingredienti (8 porzioni):

300 g di zucchero, 400 gr. di uova, 500 gr. di latte, 5 cl. di rum, 70 gr. di cacao amaro, 120 gr. di amaretti, 100 gr. di zucchero per il caramello

Esecuzione:

In una terrina sbattere le uova con lo zucchero (senza montarle) poi incorporare gli amaretti sbriciolati finemente, il cacao, il rum e il latte. Caramellare lo zucchero in uno stampo rettangolare, riempirlo con il composto e cuocere a bagnomaria in forno a 150° per circa un’ora. Lasciare raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero. Rovesciare il dolce sul piatto da portata e decorarlo con amaretti e ciuffi di panna montata.

lunedì 1 settembre 2014

Crema pasticcera

La crema pasticcera è una delle basi della pasticceria i cui ingredienti principali sono le uova, lo zucchero, il latte, gli amidi puri (amido di mais, amido di riso) o la farina. E' interessante analizzare le caratteristiche di alcuni ingredienti e il loro ruolo nella realizzazione della crema. Il latte fornisce la base liquida e i suoi grassi conferiscono cremosità alla pasticcera. Proprio a questo scopo alcune ricette prescrivono di aggiungere al latte una dose di panna liquida. Le proteine delle uova agiscono da addensanti e quando iniziano a coagulare (a circa 72°C) racchiudono nel loro reticolo i liquidi e la crema si addensa. Alla consistenza della crema contribuiscono pure gli amidi che sono costituiti da lunghe catene composte da molecole di glucosio (uno zucchero semplice). Sotto l'azione del calore, le catene assorbono acqua e si srotolano fino a legarsi le une con le altre formando la trama di un tessuto che cattura fra le sue maglie le molecole d'acqua conferendo alla pasticcera una struttura soffice e cremosa. Il metodo classico per la preparazione della crema prevede i seguenti passaggi: Riscaldate il latte e la panna, se prevista, senza farli bollire. Aggiungete eventualmente gli aromi (bacca di vaniglia, raspatura di limone o arancia, ecc...). Montate nel frattempo i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una spuma morbida. Setacciate l’amido (maizena o amido di riso) o la farina e incorporatela alla preparazione di uova. Versate il latte caldo sulle uova sbattute. Quando la miscela è omogenea riportatela sul fuoco e, continuando a mescolare, fate addensare per 2-3 minuti. Raffreddate velocemente la crema ponendola in un bagnomaria con ghiaccio girandola di tanto in tanto per evitare che si formi la pellicola. Copritela con la pellicola a contatto (ben appoggiata sulla superficie) e conservatela in frigo per non più di 2 o 3 giorni.
La ricetta che utilizzo più frequentemente è la seguente:

Ingredienti:

450 g di latte intero 
50 g di panna 
75 g di tuorli d'uovo 
80 g di zucchero 
40 g di amido di mais 
un pizzico di sale fino 
una bacca di vaniglia

Pasta frolla al farro e grano saraceno

Questa ricetta di Luca Montersino è molto interessante perchè è priva di latticini, grassi animali, uova. Utilizza lo zucchero di canna grezzo e farine ricche di fibre. E' un impasto rustico che in cottura diventa particolarmente croccante ed è adatto per crostate. Si tratta in fondo di una pasta brisé dolce.
Non si stende molto facilmente per cui conviene mettere l'impasto tra due fogli di pellicola.

Ingredienti:

500 g di farina di farro
250 g di zucchero di canna grezzo
70 g di olio d'oliva extravergine
70 g di olio di semi
125 g di acqua
12 g di lievito chimico
i semi di un baccello di vaniglia (o raspatura di un limone)

Esecuzione:

Sciogliere lo zucchero in acqua, unire il lievito, gli oli, le farine e la vaniglia e impastare. Porre la pasta in frigo avvolta con pellicola. Al momento dell'uso metterla in planetaria con 5 g d'acqua e lavorarla per 1/2 minuto. 
Se non vi piace il sapore dell'olio d'oliva potete utilizzare tutto olio di semi.
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